Modello teorico di riferimento

La psicologia ha sviluppato differenti teorie al fine di esplorare, comprendere e descrivere il funzionamento psichico, mentale e cognitivo dell’essere umano nella sua complessità.
Nel corso del tempo sono pertanto, inevitabilmente, nati diversi approcci terapeutici per cercare di dare un senso al disagio e di sostenere il benessere delle persone.
La ricerca e la letteratura sono concordi nell’affermare la sostanziale equivalenza di risultati tra le diverse forme di psicoterapia.
Lungo gli anni, si è compreso sempre più chiaramente che a fare la differenza e a rappresentare la condizione indispensabile per la riuscita di un percorso è soprattutto la relazione terapeutica.
Pertanto, al di là dell’orientamento specifico di ogni professionista, gli elementi indispensabili per la buona riuscita della terapia sono in primo luogo la professionalità e la competenza teorica e relazionale del terapeuta, la fiducia in quest’ultimo e la motivazione del paziente al cambiamento.

Nella pratica professionale utilizzo il Modello sistemico- relazionale, integrato con metodiche relative all’approccio del Cognitivismo Post-razionalista (Vittorio Guidano) e al Modello dell’elaborazione adattiva dell’informazione (Adaptive Information Processing). La Teoria dell’attaccamento fa da cornice e da fondamento ai sistemi teorici sopracitati.

Qui di seguito offro brevi cenni per comprendere questi modelli di riferimento:

L’approccio sistemico: si basa su un pensiero interdisciplinare e il fulcro dei suoi fondamenti poggia sulla teoria dei sistemi e sulla cibernetica. La logica da lineare diventa circolare; il pensiero principale è che la patologia o la sofferenza possono essere funzione della relazione. I sintomi e i disagi della persona spesso rappresentano l’espressione dell’intero sistema di appartenenza dell’individuo e delle relazioni interpersonali significative. Succede pertanto che l'individuo diventi portavoce di un malessere esteso all'interno del suo sistema di relazioni familiari o del proprio contesto di vita.

Il Cognitivismo post-razionalista: secondo questa matrice epistemologica, la realtà psicologica non viene ritenuta oggettiva, ma è considerata come il prodotto dell’interazione tra osservatore e ambiente. Due i concetti fondamentali: il primo è la “teoria motoria della mente”, in cui la mente è intesa non solo come elaboratrice di informazioni, ma costruttrice attiva della realtà. Con la classificazione e interpretazione degli stimoli, gli elementi della realtà vengono organizzati da schemi cognitivi che delineano e costruiscono l’organizzazione cognitiva del significato personale (Guidano, 2007, 2008). Il secondo concetto è quello della “conoscenza tacita”. Essa è costituita dalle regole non verbali, inconsapevoli, spesso fondamentalmente relazionali, che organizzano la percezione di sé, la visione del mondo e la temporalità esistenziale, anche in forma narrativa.

Il Modello dell’elaborazione Adattiva dell’Informazione (A.I.P. Adaptive Information Processing) adottato da Shapiro (2000, 2011): considera le situazioni che provocano disagio nel presente come degli attivatori in grado di richiamare alla mente eventi del passato che non sono stati elaborati in maniera adattiva. Il sistema di elaborazione dell’informazione neurobiologica è considerato innato e adattivo; il trauma può tuttavia causare un’interruzione della normale elaborazione adattiva dell’informazione che, quando non adeguatamente elaborata, viene immagazzinata in modo disfunzionale entro le reti neurali. Viene quindi compromessa la possibilità di integrazione, con la conseguenza che le informazioni rimangono racchiuse nel cervello nella loro forma specifica, ovvero immagazzinate come sono state provate al momento dell’esperienza, con le stesse componenti emotive, sensoriali, cognitive e fisiche. La patologia è vista come il risultato di esperienze non elaborate e trasformate. Gli atteggiamenti, le emozioni e le sensazioni non sono, dunque, semplici reazioni agli eventi, ma sono visti come una manifestazione legata alla percezione dei ricordi memorizzati (Solomon e Shapiro, 2008).

Nel mio lavoro, considero i precedenti tre approcci teorici come complessamente interconnessi e mi avvalgo dei principi e metodi epistemologici attraverso una cornice di riferimento comune: la Teoria dell’attaccamento.

La Teoria dell’attaccamento (Bowlby, 1976, 1978, 1982, 1983, 1989) nei suoi sviluppi clinici si propone come “un ponte” tra realtà esperita e realtà rappresentata ed è compatibile con la strutturazione concettuale e la prassi terapeutica di diversi orientamenti psicoterapici. In particolare, offre una visione di come le esperienze peculiari vissute nell’infanzia con le proprie figure di attaccamento principali influenzino le aspettative e il modo in cui ci si rapporta con gli altri, ci si lega alla persona amata e si vivono i legami familiari e il rapporto di coppia.

L’intervento terapeutico mira a favorire il riassorbimento del problema, stimolando e sostenendo cambiamenti e alleggerendo eventuali vissuti traumatici, in modo che il sintomo non sia più utile o funzionale.

Dr Luisa Morassi
Psicologa Psicoterapeuta
Udine
www.studiomorassi.altervista.org

 

Fonte immagine: Google immagini