Il lutto: come aiutare i bambini

“E’ il mio cuore il paese più straziato” (G. Ungaretti)

Il termine “lutto” indica un insieme di reazioni emotive alla morte di una persona cara. Si tratta di un processo comune a tutti gli esseri umani, tanto che, pur avendone un senso soggettivo doloroso, viene solitamente vissuto come un’esperienza molto triste ma anche fisiologica.
Ognuno di noi è naturalmente portato a instaurare intense relazioni affettive con le persone di riferimento. L’interruzione di una relazione di questo tipo provoca una serie di risposte intense ma prevedibili e finalizzate al recupero del legame spezzato.

J. Bowlby, uno degli studiosi più autorevoli riguardo ai processi di attaccamento e di separazione, identifica un cammino suddiviso in quattro fasi che l’individuo percorre per giungere a ridefinire la relazione con il caro defunto e a potersi legare emotivamente ancora ad altre persone.
Le fasi identificate sono la fase di protesta (in cui sembra difficile rendersi conto della perdita e si presentano emozioni a volte discrepanti), la fase di nostalgia (in cui in assenza del defunto il mondo pare non avere più alcun significato); la fase di disperazione (in cui i ricordi possono diventare intrusivi e la persona si può sentire irrequieta e demotivata) e la fase di rielaborazione, in cui si riescono a rivedere le proprie convinzioni sul mondo, a sviluppare un nuovo rapporto con il defunto sul piano di realtà e a formarsi una identità che non si disperda in quella più antica.
L’elaborazione del lutto appare pertanto come un processo graduale e complesso attraverso il quale chi resta in vita progredisce al fine di ricercare un nuovo equilibrio personale e con l’esistenza.

Se per l’adulto il lutto è un’esperienza dolorosa, per i bambini l’esperienza della morte di una persona cara è davvero molto difficile da capire e soprattutto da esprimere.
Questo fatto comporta che spesso gli adulti sottovalutino l’esperienza traumatica della perdita di una persona cara per il bambino e pensino che allontanandoli dal dolore “passi tutto prima”. Si tende infatti a dare maggiore considerazione al dolore fisico dei bambini, tralasciando il loro disagio emotivo o psicologico. Spesso con il luogo comune “i bambini capiscono di meno” si tende a minimizzare e a non parlare con loro della morte e della perdita, forse segretamente sperando che sia in realtà così, e che giocando essi possano dimenticare e allontanarsi dalla sofferenza propria e di chi gli sta accanto.

I bambini tendono a elaborare la morte in modo diverso dagli adulti, spesso non seguendo le “fasi” descritte da Bowlby e precedentemente descritte: spesso provano emozioni e sentimenti molto intensi ma non progressivi. I tempi del lutto in età evolutiva possono presentarsi come più brevi rispetto a quelli dell’adulto, anche per evitare di soffrire troppo. Questo fatto può lasciare emozioni inespresse, come ad esempio ambivalenze odio- amore, rabbia- serenità, gioia- tristezza; purtroppo in questo modo disperazione e divertimento possono intrecciarsi e confondersi.
I fattori che determinano il modo in cui il bambino reagisce al lutto sono molteplici, come ad esempio l’età, il momento evolutivo ed emotivo entro la famiglia, l’intensità e la tipologia della relazione con il defunto, la reazione dei familiari al lutto.

Le reazioni dei bambini. Il dolore per la morte di una persona è difficile da esprimere anche per gli adulti. I bambini di fronte alla morte possono comportarsi in modi molto diversi. Possono, per esempio, non reagire, ascoltare senza fare commenti, o allontanarsi ricominciando a giocare. Questo atteggiamento può riflettere la non comprensione di quello che è successo, ma può anche indicare un dolore intenso che si accompagna al rifiuto ad accettare quanto accaduto. Qualche bimbo si sintonizza con gli atteggiamenti degli adulti di riferimento e tende a comportarsi e modellarsi sul loro modo di fare e di esprimere. Altri bimbi possono invece iniziare a piangere, perché il ricordo del defunto stimola in loro il desiderio di averlo vicino, proprio ora che non è più possibile: quest' ultimo atteggiamento è forse più frequente tra i più grandicelli, che riescono a dare un senso ineluttabile alla morte.

Il bimbo in età prescolare di solito non è in grado di comprendere la permanenza della morte e il significato del distacco definitivo; è portato a pensare che il defunto può tornare in vita, se lo vuole. Può succedere che, al fine di proteggere i bambini più piccoli, la famiglia tenda a non parlare del defunto o della sua morte, oppure usare storie ricche di simboli e narrative “edulcorate” ( è andato via, è andato in cileo), spesso ottenendo un effetto opposto a quello desiderato. Senza elementi per dare un senso a quello che è successo o rituali per esprimere il dolore assieme agli altri, il bambino può restare chiuso in una spirale di dolore, di attesa e di inquietudine, e sentirsi solo e deprivato anziché protetto.

Il bambino in età scolare solitamente comprende che la morte è parte della realtà e che riguarda tutti gli esseri viventi. Può tuttavia sentirsi in colpa per aver avuto pensieri aggressivi verso il defunto oppure riguardanti i decessi e temere che essi abbiano contribuito alla dolorosa realtà. Può anche succedere che il grande desiderio di rivedere la persona defunta faccia sperimentare al bambino la sensazione della presenza di quest’ultima come se fosse un fantasma, e fare in modo che la sua attenzione e la sua emotività sia presa in scacco da questi pensieri.

Innanzitutto è importante chiarire che sperare di tenere il figlio all’oscuro del decesso di una persona non è realistico e si rileva controproducente. Quando avviene un lutto in famiglia, anche se i genitori decidono di non rendere espressamente partecipi i bambini, e non spiegano loro quello che è successo, questi inevitabilmente sentono che qualcosa è cambiato. Pertanto, se possibile, il bambino non va allontanato da casa, e sarebbe opportuno invece invitare presso l'abitazione una persona di fiducia che possa essere di supporto a tutti.

Il bambino si orienta molto sul modo di esprimere la sofferenza di chi gli sta vicino: le sue reazioni terranno conto e ricalcheranno quelle degli altri.
La perdita di una persona cara è un trauma sia per la famiglia che per il bambino: la perdita non è solo di accudimento materiale, ma di contenimento emotivo e relazionale. E’ importante che il bambino possa riuscire ad esprimere quello che sente, portando alla luce i suoi sentimenti, come ad esempio tristezza, collera, odio, rabbia, solitudine, colpa, angoscia, sgomento, senso di irrealtà… I bambini difficilmente da soli riescono a portare fuori da sé le loro emozioni, se non guidati e sostenuti da un adulto. Esprimere ciò che si sente è un momento fondamentale nella elaborazione del lutto, a tutte le età.

Uno degli effetti più profondi del lutto in età infantile è la necessità per il bambino di avere vicino a sé un adulto significativo che possa ascoltarlo e accogliere il suo dolore. La perdita di un genitore o di una figura di riferimento importante fa emergere la paura di perdere anche le altre persone a lui vicine: spesso i bambini frugano nella sofferenza degli adulti pensando di esserne la causa o di non essere più amati. Ci possono essere reazioni difficili da gestire, come la paura del buio, il rifiuto a staccarsi dal genitore o richieste di stargli sempre vicino… possono verificarsi episodi psicosomatici (mal di testa, mal di pancia, ecc.) oppure difficoltà di memoria, di attenzione, di concentrazione, con conseguente diminuzione delle prestazioni scolastiche.

Un modo per aiutare il bambino a manifestare emozioni e sentimenti è coinvolgerlo in attività espressive come il disegno, la narrazione, i giochi relazionali. Il “sentirsi ascoltato” e il “sentirsi visto” contribuiscono a dare al bambino un senso di realtà e di fiducia in se stesso, nelle proprie capacità e risorse. L’obiettivo è di garantirgli una vita sana dal punto di vista psichico, per fronteggiare gradualmente un periodo di crisi e tornare alla normalità.

Un altro modo di aiutare il bambino è quello di ricostruire assieme a lui il fatto che nella vita di tutti gli esseri viventi si susseguono eventi positivi, come la nascita, ed eventi tristi e dolorosi ma inevitabili, come la morte o le separazioni, e che questi eventi si possono superare insieme a chi rimane. Collocare la morte in un contesto “naturale”, può rendere le emozioni più esprimibili e dare un senso di naturalità, anche se dolorosa, a quello che sta succedendo.

E’ inoltre molto importante rispondere a tutte le sue domande con franchezza, in modo che ne possa porgere altre, e non sottovalutare anche le richieste che possono sembrare sciocche o strane. Non è consigliabile usare spiegazioni o eufemismi come ad esempio “la nonna è andata a dormire” oppure “la nonna è partita per un lungo viaggio”: il rischio è quello di instaurare nel piccolo un’attesa senza fine, con la convinzione che prima o poi la persona perduta tornerà. I bambini, specialmente quelli più piccoli, possono crearsi strani pensieri sulla morte. Meglio allora dare delle semplici e chiare spiegazioni, anche se non particolarmente dettagliate e cercare di spiegare anche il cambiamento del vostro comportamento, senza così indurre il piccolo a darsi spiegazioni e procurargli ansie eccessive o preoccupazioni. E’ importante che quello che è successo non vada a compromettere la relazione emotiva con il bambino, instaurando un circolo di silenzi e non detti che a lungo andare potrebbero rendere difficile starsi vicino.
E’ fondamentale incoraggiarlo e aiutarlo a superare le piccole incombenze quotidiane che in fase di lutto possono sembrare troppo grandi per lui, spiegando che esistono sia le cose pratiche che le esigenze che vengono “da dentro”. In questa fase, sostanziale sarà insegnargli ad apprezzare i propri risultati e i propri sforzi, sostenendolo nello scegliere attività per lui gratificanti.

In ultimo, occorre sottolineare che poter parlare della morte in modo libero può essere di aiuto nella elaborazione del trauma: sarebbe opportuno poterlo fare, con un linguaggio appropriato all’età del bambino, in tutti i contesti che vive, come ad esempio a scuola, nelle viarie attività extrascolastiche, dai parenti, dagli amici e a casa. Appare particolarmente positivo sostenere e aiutare il bambino a ricordare la persona deceduta, com’era in vita, com’è morta, guardare le foto che la ritraggono, ricostruire i ricordi familiari e personali, condividendo rituali per la sofferenza di chi resta, come ad esempio una visita al cimitero o un momento di riflessione familiare.

Qualora si presentassero difficoltà nel portare avanti un percorso sereno di elaborazione del lutto, potrebbe essere utile organizzare momenti di incontro congiunti con la famiglia e condotti da uno psicologo esperto, per favorire la comunicazione e la condivisione delle emozioni e dei vissuti personali, favorire il dialogo sugli aspetti collegati al defunto e fornire esempi e informazioni su come rispondere adeguatamente alle domande poste dal bambino (ad esempio: Quando torna la mamma? Quando vedrò il papà di nuovo? Perché non torna? Dov’è?).

La consulenza psicologica in questo caso risponde a un bisogno dei genitori e della famiglia nei confronti dei più piccoli: si tratta di aiutare gli adulti ad aiutare i bambini: se l’adulto riesce a riconoscere le proprie paure e difficoltà sarà più sereno nell’ascoltare e contenere quelle espresse dal disagio del bambino.

Dott. Luisa Morassi
www.studiomorassi.altervista.org